(ph Toni Isabella)
di Angelo Risi
A volte, ci sono delle immagini che non hanno bisogno di essere raccontate, parlano da sole, come la foto di queste mani.
Qui, in ogni grinza, ruga o callo, vi e’ scritto il romanzo di una vita dedicata quasi esclusivamente al lavoro. Su di esse, sembra sia stato annotato ogni cosa di quell’ancestrale e quotidiano rapporto avuto con la propria terra. Un rapporto, quello tra queste mani e la terra, che spesso ha tanto il sapore di una sfida estenuante, di una lotta impari, con in palio, il solo fine di raccogliere dei frutti.
Qui in Cilento, un detto recita: “nu buonu fatiaturu lotta cu la mali annata” (un buon lavoratore lotta con la cattiva annata). Probabilmente è stato cosi anche per queste mani, che tanto hanno lottato, e che per amore e rispetto di quella stessa terra, continuano ancora adesso a farlo.
Come ho già detto, la soddisfazione di un buon raccolto non dipende solo dall’impegno profuso dalle proprie mani, ma anche dagli eventi naturali e climatici che si contrappongono allo stesso lavoro svolto. Per questo motivo, nonostante tutto, la natura va sempre ringraziata.
Adesso, ringraziano queste mani impegnate a sbucciare fagioli, i quali, cadendo lentamente nel “cernecchio”, dopo essere scivolati tra le dita ossute e callose a mo di grani di rosario, emettono ancora un tremendo suono. Un suono muto, quasi impercettibile, che ad ascoltarlo bene, somiglia tanto ad una sorta di preghiera mistica.
Cosi, osservando ancora una volta quelle mani al lavoro, mi si gonfia il petto d’orgoglio. Per questo motivo, ringrazio ogni giorno Iddio, che mi da ancora la possibilità di ricevere ogni tanto da queste dignitose mani, una carezza paterna.