Nell’era del Covid un viaggio nella speranza tra Dante e Kant

Dopo essere stato una ennesima volta bloccato da Facebook per aver provato a condividere il pensiero di Monsignor Carlo Viganò a riguardo le manifestazioni di Trieste e delle piazze italiane, ho riflettuto a lungo, prima di esternare il mio pensiero che qui cerco di riportare come memoria di questi nostri tempi.

Mai mi sarei aspettato una così efferata censura e una discriminazione così crudele verso chi non si allinea al pensiero unico che sta dilagando nelle società occidentali.

Sembra di vivere il Purgatorio in terra. Il Purgatorio è la seconda delle tre cantiche della Divina Commedia di Dante Alighieri. Le altre cantiche sono l’Inferno ed il Paradiso.

Questo 2021 celebra i 700 anni dalla morte del padre della lingua italiana. Il sommo poeta autore di quella “Comedia” che poi Boccaccio chiamò Divina. I versi più appassionati della Divina Commedia e la vita avventurosa di Dante nell’Italia medievale, divisa tra guelfi e ghibellini e dal territorio frammentato in comuni e signorie, sono ancora oggi fonte di grande attrazione per esperti e curiosi di tutto il mondo.

La commedia ha un inizio tragico e una conclusione positiva: dallo smarrimento di Dante nella selva oscura (peccato) fino alla salvezza, verso il viaggio che porta al Paradiso.

Nell’ambito dei festeggiamenti uno degli eventi più attesi è stato sicuramente la esposizione della “Porta dell’Inferno” alle Scuderie del Quirinale  avvenuta il 15 ottobre e visitabile fino al 9 gennaio2022.

La porta dell’inferno (Rodin) – Wikipedia

L’opera dello scultore François Auguste René Rodin è un modello di fusione in gesso scala 1:1: di una porta monumentale alta ben 7 metri, che però l’artista non vide mai fondere. Allo scultore francese venne commissionata nel 1880 e lavorò a questo progetto per quasi quarant’anni fino alla sua morte. Un tripudio di bassorilievi ispirati al ciclo dell’Inferno dantesco decorano questa monumentale porta. Tra le decorazioni sfilano oltre 180 personaggi disposti in una serie di prospettive tra i quali Dante stesso in posizione seduta – posa ripresa successivamente sempre da Rodin per realizzare la statua de Il Pensatore – Il Conte Ugolino, Paolo e Francesca e Adamo ed Eva.

Tutto questo nel mentre la piazza di Trieste e a seguire le altre piazze italiane hanno iniziato a manifestare contro il green pass – Una misura voluta dal decreto legge 21 settembre che regola le norme che si applicano per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante il green pass e che diventa obbligatorio proprio nella giornata di venerdì 15 ottobre.

Un decreto discriminante a detta di molti costituzionalisti e in primis dal Consiglio d’Europa.

E così che si vengono a dividere i buoni dai cattivi e viceversa…Un Purgatorio …l’unico dei tre regni dove scorre il tempo ed è destinato a finire, mentre Inferno e Paradiso sono eterni, sono il male e il bene. Nel Purgatorio di ogni espiante si contano gli anni che mancano alla propria liberazione dalle pene. In esso splende lo stesso sole che illumina la terra, le notti si succedono ai giorni, le albe ai tramonti, in un succedersi di luci mattutine, pomeridiane e vespertine che sono quelle di un paesaggio fisico e reale. La chiara rappresentazione di questi nostri tempi laddove nella eterna lotta tra il bene e il male…il popolo assume le sembianze di anime vaganti. Un luogo d’esilio, di lontananza dalla patria a cui tutti gli uomini desiderano tornare. Un purgatorio diviso in tre partiAntipurgatorioPurgatorio, Paradiso Terrestre esattamente come il sommo Poeta lo immaginò: una montagna altissima che si erge su un’isola al centro dell’emisfero australe totalmente invaso dalle acque, agli antipodi di Gerusalemme che si trova al centro dell’emisfero boreale. Un purgatorio che ebbe origine nel momento in cui Discacciò Lucifero dal paradiso cadde e la terra si ritrasse e formò la montagna del purgatorio. L’unico che lo vedrà sarà Ulisse. Dante  inizia la sua scalata dalla spiaggia fino al paradiso. Al Purgatorio si accede da una porta custodita da un angelo, è costituito da sette cornici dove stanno le anime purganti, cioè coloro che devono espiare una pena temporanea fino alla purificazione.

Al contrario dell’Inferno, il Purgatorio è il regno della salvezza. Più si sale e più la colpa da espiare è leggera e quindi anche la pena è più lieve. La particolarità è che non è presente nessun turbamento. Nel medioevo il numero della perfezione era il 10 che rappresentava la perfezione del cerchio. Il Purgatorio è nella luce, parte dal basso verso l’alto secondo un criterio di gravità. La costruzione di esso è semplice, ci sono i peccatori che hanno commesso i sette peccati capitali – inclinazioni profonde, morali e comportamentali dell’anima umana che contrapponendosi alle virtù anzichè promuovere la crescita dell’uomo la distruggono.

In questi giorni è successo che nel pieno delle manifestazioni i cittadini Fiorentini si sono riuniti davanti alla Porta del Paradiso per cantare L’OM collettivo.  Una rappresentazione moderna di quanto l’uomo sia alla ricerca della Verità, della spiritualità…di quanto esso sia capace di grandi vibrazioni di Amore Universale.

 

(Battistero – Porta del Paradiso) – Firenze Post

La Porta del Paradiso è la porta est del Battistero di Firenze situata davanti al Duomo di Santa Maria del Fiore. Fu realizzata dall’orefice e scultore Lorenzo Ghiberti tra il 1425 e il 1452, rappresenta il suo capolavoro, nonché una delle opere più famose del Rinascimento Italiano.  Completamente dorata, fu soprannominata del Paradiso da Michelangelo Buonarroti.

Dante, della famiglia Alighieri nacque proprio a Firenze tra il 21 maggio e il 21 giugno dell’anno di Grazia 1265. Assolutamente determinante per lo scrittore e per la sua visione del mondo è che la Commedia non vuole affatto raccontare solo un viaggio individuale; anzi, la vicenda del singolo non è che la “figura” (e cioè, nei termini dell’esegesi cristiana medievale, la prefigurazione anticipatrice di un determinato evento) della salvezza collettiva di tutta l’umanità, alla luce del messaggio di redenzione di Cristo.

Mi piace ricordare ciò che scriveva Immanuel Kant ( (Königsberg, 22 aprile 1724 – Königsberg, 12 febbraio 1804) filosofo tedesco, considerato uno dei più importanti filosofi del pensiero occidentale. Fu il più significativo esponente dell’Illuminismo tedesco, anticipatore degli elementi basilari della filosofia idealistica e di gran parte di quella successiva) nella parte conclusiva della Critica della ragion pratica: <<Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piú spesso e piú a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. La prima comincia dal posto che io occupo nel mondo sensibile esterno, ed estende la connessione in cui mi trovo a una grandezza interminabile, con mondi e mondi, e sistemi di sistemi; e poi ancora ai tempi illimitati del loro movimento periodico, del loro principio e della loro durata>>.

Immanuel Kant Fa riferimento all’essere dell’uomo parte del mondo e dell’universo, del mondo sensibile esterno all’io, rispetto alla cui interminabile grandezza l’uomo non può che esserne una piccola parte. Dopo aver scritto la Critica della Ragion Pura, Kant, si accorge che l’uomo non poteva essere solo fenomeno, se fosse solo sensibilità, infatti, sarebbe un essere solo istintivo, ma l’uomo kantiano è anche libero e tende al noumeno. Questa libertà si identifica per Kant con la morale. Per questo sente l’esigenza di redigere un’altra Critica, quella della Ragion Pratica, dove per pratica intendiamo morale, l’azione morale è libera, sciolta dall’esperienza (poiché nel campo morale l’uomo fa ciò che deve fare, e le cose che deve fare le trova in sé) e disinteressata. L’uomo kantiano è perciò un uomo libero che deve obbedire solo a se stesso, tuttavia il giusto che regola l’azione è inteso in senso Socratico: non devo agire secondo ciò che è giusto per il singolo, ma secondo ciò che è giusto in senso generale, ovvero ciò che è giusto per tutti. 

Per Kant: “la speranza sta al pratico, come il sapere sta al teoretico, questo, infatti, conclude che qualcosa è poiché qualche cosa accade, quella conclude l’esistenza di un fine perché qualche cosa deve accadere”.

 

 

In conclusione… Nella stesura della Divina Commedia Dante inizia a parlare come un allievo desideroso di mostrare il suo sapere di fronte al maestro, quindi afferma che la speranza è l’attesa sicura della futura beatitudine, che proviene dalla grazia di Dio e dai meriti acquisiti in precedenza. L’itinerario si conclude sulle più alte vette.

Le miserie lasciate nella desolata pianura degli uomini non sono state dimenticate, ma ormai sono viste con occhi nuovi. Dall’umana necessità di sperare – bene supremo che i dannati dell’Inferno hanno definitivamente perduto ( Inf. III,9) – si passa dunque, procedendo nell’ascesa, alla speranza come virtù teologale, che si affianca alle due sorelle maggiori – come avrebbe detto Péguy –, la fede e la carità, per camminare insieme verso Dio. Dove saremo tutti uguali ricco e poveroprovax e novax … con o senza greenpass.

 

Angelo Risi

Vietata Riproduzione

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Sanremo, 70esima edizione del Festival della Canzone Italiana ” ho capito veramente poco…”

Vince la 70esima edizione del Festival di Sanremo Diodato con il brano Fai rumore.  Secondo posto per Francesco Gabbani con il brano Viceversaterzi i Pinguini Tattici Nucleari con la canzone Ringo Starr.


(foto: Il Fatto quotidiano)

«Ci sto capendo veramente poco. È una sensazione stranissima. Sono sconvolto. Il Festival è fatto anche di attese lunghissime, ti carichi di un’emotività che non sei in grado di gestire» dice Antonio Diodato in conferenza stampa subito dopo la premiazione.

E’ proprio per questa sua riflessione che ho deciso di scrivervi. Che ogni anno il Festival ci scatena è fuor di dubbio. E’ un evento che ci è entrato dentro…quasi fa parte della nostra genetica. Finanche chi da sempre non è attratto dalla manifestazione canora per una qualsiasi ragione si lascia coinvolgere ed esterna gratuitamente il suo pensiero. Alla fine l’intento di ogni evento è proprio questo: coinvolgere. Pertanto, tutto diventa cultura, tutto diventa costume. Rispetto alle precedenti edizioni ho seguito attentamente quella appena conclusasi. Ad un certo punto anch’io ho provato una “sensazione stranissima”…”capendo veramente poco“. L’edizione di questo anno con la direzione di Amadeus è come se avesse stravolto ogni cliscè. Tante le donne presenti sul palco dell’Ariston impegnate ognuna in una performance ma alla fine è come se non ci fosse stata alcuna “madrina”. Troppi monologhi, troppi viaggi introspettivi, tempi lunghissimi e nessuna leggerezza. Il Festival della Canzone Italiana è come se avesse perso definitivamente quella leggerezza per fischiettare il giorno successivo i motivi delle canzoni. Per carità non dico che non bisogna dare messaggi sociali o spunti per far riflettere una società…ma il troppo storpia. E così e stato. Durante le cinque serate è capitato di chiedermi: dove sia finita la misura, il buon senso, il rispetto, il limite, il buon gusto?
Dove è finito tutto questo???

Che Amadeus ( per carità grande professionista) non fosse in grado di gestire da solo la macchina organizzativa del Festival, lo ha confessato lui stesso (segno comunque di grande umiltà) nel momento in cui ha ringraziato Fiorello: “se tutto questo è stato possibile è grazie all’amico di sempre“. E qui come tutti abbiamo visto…Baci e abbracci. Un festival troppo mieloso…una rimpatriata tra amici. In questa edizione abbiamo visto tutti, di tutto e di più. Un Sanremo felliniano con troppe lungaggini, al punto tale che Sky ha ufficializzato la vittoria di Diodato ancor prima della Rai. Va riconosciuta, oltretutto, una grande animazione degna dei più quotati villaggi turistici mondiali che ha distratto gli spettatori e li ha allontanati dai testi. Personalmente, oggi, non ricordo alcun ritornello…cosa, per la mia memoria, alquanto strana.

Angelo RISI

Foto copertina: quotidiano.net

Vietata ripoduzione

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Tableau vivant a “Rocca delle arti”

La manifestazione “La Rocca delle Arti” nata nel duemilanove con l’obiettivo di far rivivere i ricordi e le tradizioni di un tempo attraverso esposizioni di lavori artigianali e gastronomia locale è giunta alla sua decima edizione. Per tre sere il centro cilentano di Roccagloriosa si popola di visitatori incuriositi non solo dalla tipicità locale ma dall’arte e dalla cultura che nel corso degli anni ha espresso significative realtà. Ieri sera, seconda serata, sono stato colpito dalla messa in scena di “Tableau vivant” della compagnia teatrale Malatheatre di Napoli.

 

Nella chiesa del Rosario mi ha rapito la musica e trasportato in un mondo fantastico, dove arte pittorica e arte teatrale si sono sovrapposte gradatamente fino a coincidere in maniera perfetta.

Tableau vivant è un’espressione francese che significa  «quadro vivente» e, in arte, descrive uno o più attori o modelli d’artista opportunamente mascherati a rappresentare una scena come in un quadro vivente. Un’antica tecnica settecentesca caduta in disuso, recuperata grazie all’intuito e alla sensibilità di Ludovica Rambelli.

Per tutta la durata della “visione”, le persone non parlano e non si muovono. L’approccio si sposa così con le forme d’arte del palcoscenico con quelli di pittura o della fotografia. 

 

Le opere rappresentate sono di Caravaggio. 

Guardando le opere di Caravaggio è difficile non pensare alla fotografia.

 

I due elementi della pittura di Caravaggio sono la luce e il buio. Il contrasto tra luce e oscurità non crea dissonanza, piuttosto i due elementi opposti si complementano, mettendo in evidenza un fatto importante: la luce diventa protagonista del messaggio del pittore. Lo sfondo non esiste più. Ci troviamo davanti a un chiaroscuro enigmatico e inquietante che sollecita l’anima. La luce non è meramente fisica, ma ha valenza allegorico-simbolica, la sua funzione è quella di evidenziare il sacro e il profano come non aveva mai fatto nessun altro pittore. La luce di Caravaggio è la luce del realismo.

Michelangelo Merisi visse la pittura con la consapevolezza di un visionario, e con la sua interpretazione della tecnica del chiaroscuro e dei suoi sapienti giochi di luce, anticipò  gli effetti speciali che oggi si creano nelle produzioni fotografiche e cinematografiche. Di vitale importanza nella produzione artistica del Caravaggio fu la musica. Ad esempio, nel Suonatore di liuto vi è uno spartito musicale che è stato identificato come un madrigale dal titolo Voi sapete ch’io v’amo composto dal musicista franco-fiammingo Jacob Arcadelt e presente nel fortunatissimo e diffusissimo libro Primo libro di madrigali, pubblicato a Venezia intorno al 1539. 

Gli attori della compagnia teatrale Malatheatre di Napoli hanno dimostrato una preparazione tecnica e una sensibilità artistica degna di nota. Ad ogni cambio di scene, il numeroso pubblico presente, ha manifestato approvazione con forti scrosci di applausi.

Una realtà quella di “Rocca delle arti” che investendo in arte, cultura e musica, riesce a far vibrare l’anima. Un prezioso contributo per la promozione del nostro territorio.

Lo spettacolo, realizzato dalla compagnia napoletana Malatheatre, ha qualcosa di magico…trasporta in un mondo antico. Una cultura da riscoprire.

Il cesto di frutta nel quadro, simboleggia la Chiesa, e Caravaggio, mettendola in bilico sulla mensola, mentre tende verso lo spettatore, allude alla volontà da parte del clero di volersi offrire all’umanità; allo stesso modo, anche i frutti non sono stati scelti casualmente, ma sono degli elementi simbolici citati nel Cantico dei Cantici.

Le foto delle opere sono state prese dalla pagina della compagnia.

 

Con la stima di sempre…


Angelo RISI

 

 

 

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Una vacanza in PUGLIA…colori e sensazioni

Dopo tanti anni ritorno in Puglia per questo itinerario: Alberobello, Castellana, Fasano e Polignano a Mare. La Puglia è una regione meridionale che forma il “tacco” dello stivale italiano. È famosa per i villaggi collinari dal caratteristico intonaco bianco, per la campagna dal sapore antico e per le centinaia di chilometri di costa mediterranea. Il capoluogo, Bari, è una vivace città portuale e universitaria, mentre Lecce è conosciuta come la “Firenze del Sud” per via della sua architettura barocca. Una regione da vivere tutto l’anno con la perfetta combinazione di natura e cultura, di tradizioni antichissime e attività innovative, dove ogni anno aumentano le presenze turistiche, soprattutto straniere e in bassa stagione. Alberobello e la Valle d’Itria sono invece la patria dei trulli, i tradizionali edifici di pietra dal caratteristico tetto conico.

La nascita dei primi trulli risale all’epoca preistorica. Già in questo periodo, infatti, erano presenti nella Valle d’Itria degli insediamenti e iniziarono a diffondersi i tholos, tipiche costruzioni a volta usate per seppellire i defunti. Tuttavia i trulli più antichi che troviamo oggi ad Alberobello risalgono al XIV secolo: fu in quel periodo che ciò che appariva, ormai, come una terra disabitata venne assegnata al primo Conte di Conversano da Roberto d’Angiò, principe di Taranto e poi re di Napoli dal 1309 al 1343. L’appezzamento di terra costituiva il premio del nobile rampollo angioino per i servigi resi durante le Crociate. La zona venne quindi popolata di nuovo, spostando interi insediamenti dai feudi vicini come quello di Noci. 

Secondo alcune ricerche, tuttavia, già verso l’anno Mille sorsero degli insediamenti rurali da entrambe le parti del fiume che adesso scorre sotterraneo. Le abitazioni a poco a poco si accorparono fino a formare dei veri e propri villaggi, in seguito soprannominati Aja Piccola e Monti. La costruzione a secco, senza malta, dei trulli, venne imposta ai nuovi coloni di modo che le loro abitazioni potessero essere smantellate in fretta: un metodo efficace per evitare le tasse sui nuovi insediamenti imposte dal Regno di Napoli e di certo anche buon deterrente per i proprietari riottosi. La maggior parte degli storici tuttavia concorda che questa tecnica edilizia fosse dovuta, innanzitutto, alle condizioni geografiche del luogo, che abbondava della pietra calcarea utilizzata nelle costruzioni.

Nella zona settentrionale di Alberobello, alle spalle della Chiesa dei Santi Medici Cosma e Damiano, il Trullo Sovrano è l’unico esempio di trullo a due pianiFu edificato nella prima metà del ‘700 per volere della famiglia del sacerdote Cataldo Perta, che lo utilizzò come propria dimora, mentre i trulli circostanti erano abitati dai suoi dipendenti. Il grande trullo fu definito “Sovrano” dallo storico Notarnicola, per evidenziarne la maestosità rispetto agli altri trulli.  Intervista…

 

 

Costruito nel XVIII secolo, il Trullo Sovrano è stato utilizzato come spezieria, cenobio e oratorio campestre. Nel 1785, infatti, ospitò le reliquie dei Santi Cosma e Damiano, portate dallo stesso Don Cataldo da Roma e, dal 1823 al 1837, vi tenne il proprio oratorio la Confraternita del Santissimo Sacramento.  Il trullo, che all’interno sfoggia arredi e oggetti autentici, nel 1923 è stato dichiarato Monumento Nazionale mentre dal 1996 è nella lista dei siti Unesco

E’ soprattutto nel tardo pomeriggio al calar del sole, che i trulli, le pietre, i luoghi tutti vengono avvolti da mille colori…una magia da vivere.

La basilica minore dei Santi Medici – Le prime attestazioni devozionali di Alberobello per i santi Cosma e Damiano si registrano nella seconda metà del Seicento. Sembra che il culto per i due santi arànargiri sia stato introdotto nella minuscola comunità dai possesori del feudo, i conti Acquaviva di Conversano, con un minuscolo quadro della Madonna di Loreto e dei due fratelli gemelli. Nell’unica e già esistente chiesetta, inserita nella boscaglia, si riscontrano dipinti su una delle pareti “imago beatae Virginis sub nomine de Loreto, cum sancto Cosma ex latere dextro et sancto Damiano ex sinistro”. La coincidenza iconografica spiega, in tal modo, l’introduzione del culto degli Acquaviva e la volontà degli abitanti di appropriarsene.

La chiesa matrice di Alberobello è dedicata ai santi Medici Cosma e Damiano , patroni dell’abitato. Il loro culto fu introdotto nel 1636 dal conte Giangirolamo II , che ne era devoto a motivo di una grazia ricevuta da sua moglie Elisabetta da Rocca Padula durante la gravidanza con la quale diede alla luce il primogenito, Cosimo. Prima dell’istituzione della parrocchia, la chiesa dipese dalla parrocchia di Noci. Il vescovo di Conversano  Gregorio Falconieri la riconobbe come santuario nel 1938, e nel 2000 papa Giovanni PaoloII  la elevò a basilica minore. 

Light Festival – Terza edizione 2019 è una kermesse che mette al centro l’arte visiva in tutte le sue forme con particolare riferimento all’uso della luce e dei colori e alla loro interazione con luoghi e monumenti patrimonio dell’Umanità. Dalla Basilica dei SS. Medici Cosma e Damiano in Alberobello. #RegionePuglia

In occasione dei 500 anni dalla morte del genio di Leonardo Da Vinci l’evento Summer Lights 2019 vuole essere un omaggio a lui e a quanto di straordinario ha fatto. La bellezza del luogo e il ricordo del grande artista si fondono per donare allo spettatore una magia inaspettata.

Le Grotte di Castellana sono considerate il complesso speleologico più importante d’Italia e d’Europa, si trovano a circa 40 chilometri da Bari, in Puglia e sono il risultato dell’azione erosiva di un antico fiume sotterraneo, che ha plasmato la roccia calcarea. Ci si perde tra gallerie naturali che si snodano in due percorsi. La cavità fu scoperta  dallo speleologo Franco Anelli che si affacciò per la prima volta nella Grave, il 23 gennaio 1938.

Quaggiù tutto è diverso. Quasi di colpo la luce si dissolve …si entra nelle viscere della terra. Dove tutto cambia…cattedrali millenarie. Il percorso non si può fotografare si può solo vivere.  Tra stalattiti e stalagmiti ci sono anche la Caverna dell’Altare, la Caverna della Cupola e il Passaggio del Presepio, dove giace una stalagmite dalle fattezze mariane, denominata Madonnina delle Grotte.  E’ possibile scegliere tra due itinerari da visitare: quello parziale o quello completo, passando dal luccicante Laghetto di Cristalli, si giunge nella Grotta Bianca, cavità luminosa e splendente.

 

Lo zoosafari di Fasano, circa 200 specie animali diverse, provenienti dai 5 continenti. Il più grande parco faunistico d’Italia con i suoi 140 ettari di estensione. Un perfetto connubio di natura. 

 Nato in Africa, Riù è arrivato in Italia via Nairobi (Kenya) quand’era ancora possibile strappare animali dal territorio di nascita e portarli in Europa negli zoo e nei circhi. Lo catturarono che era piccolissimo (età apparente: un anno) e finirono per venderlo al circo Medrano che acquistò assieme a lui anche Pedro, un altro giovane gorilla. Era il 2 dicembre del 1975 e quei due esserini costavano 850 mila lire. Sulla bolla doganale numero 750272 c’è scritto «young lowland gorillas». Da allora in poi Riù e Pedro hanno vissuto sempre assieme fino a quando, il 13 dicembre del 2008, Pedrò morì dopo una breve malattia. Ecco. Se già fino a quel momento la vita era stata dura, figurarsi da allora in poi… Riù è rimasto solo. Lui e nessun altro come lui, se non quelli che si vedono nei documentari.

L’ultimo aggiornamento della Lista rossa IUCN (International Union for the Conservation of Nature) non contiene notizie confortanti per le grandi scimmie. Il gorilla orientale (Gorilla beringei), il più grande primate vivente, è stato dichiarato gravemente minacciato (prima era, solo, in pericolo), a causa della caccia illegale. Su sei grandi scimmie ora 4 condividono lo stato di gravemente minacciate (insieme al gorilla orientale ci sono il gorilla occidentale, l’orango del Borneo e l’orango di Sumatra) le altre, scimpanzé e bonobo, rimangono in pericolo.

 

Ed eccoci a Polignano a Mare…sulla strada verso il centro storico mi colpisce questa chiesa…l’ingresso quasi a raffigurare un tempio greco.

Scopro che è intitolata ai Santi Medici Martiri Cosma e Damiano. E’ stata edificata alla fine del XIX secolo dai Rodolovich, sulle spoglie di una precedente chiesetta risalente al XVII secolo. Un culto diffuso in Puglia quello dei potenti taumaturghi Cosma e Damiano e che iniziò subito dopo la loro la morte. Durante le persecuzioni dei cristiani promosse dall’imperatore illiro-romano Diocleziano (284-305) furono fatti arrestare dal prefetto di Cilicia, Lisia. Avrebbero quindi subito un feroce martirio, così atroce che su alcuni martirologi è scritto che essi furono martiri cinque volte.

 

L’ Arco Marchesale, conosciuto anche come Porta Grande, deve la sua creazione alle ristrutturazioni della cinta muraria effettuate intorno all’anno 1530 diventando quindi sino al 1780 unica via di accesso al borgo e crocevia di rilevanza notevole nella struttura urbanistica di Polignano. La rete difensiva creata a protezione del paese, aveva proprio nei pressi della Porta, il suo fulcro principale, mirabile esempio di come un centro medievale progettava il proprio complesso di fortificazioni. Un ponte levatoio collocato fuori dalla Porta, i cui fori che azionavano le catene sono ancora visibili sulla Porta stessa, permetteva di accedere al borgo superando un fossato in parte naturale quale era la lama. Erano presenti poi due posti di guardia, due porte di cui sono ancora visibili oggi i gradini e i cardini, e una grata in ferro di cui rimane traccia attraverso le guide in cui scorreva, che separava le due porte citate. Nelle volte a botte erano presenti tre caditoie, oggi murate, attraverso le quali veniva versato olio bollente o venivano scagliate pietre sugli assalitori. Sulla volta a botte dell’ arco Marchesale è visibile una tela rappresentante la crocifissione di Cristo risalente alla fine del cinquecento ma di cui non si conosce l’autore. L’arco Marchesale è sormontato da una chiesetta, costruita verso la metà del ‘500 e dedicata alla Madonna. In seguito all’ammodernamento settecentesco la chiesa prese il nome della Confraternita di S. Giuseppe. Oggi l’arco Marchesale divide il borgo nuovo da quello antico, offrendo al visitatore una porta aperta al cuore del centro medievale di Polignano con tutte le bellezze ancora custodite come in una fortezza mai violata.

Una Polignano a Mare tutta da scoprire…tra vicoli, colori, odori…arte, poesia.

Domenico Modugno è considerato il padre dei cantautori italiani e come autore interprete è tra i più grandi d’Europa. Nacque il 9 gennaio 1928 a Polignano a Mare (Bari), un paesino dalle case bianche a picco sul mare. Dal padre Cosimo comandante del Corpo delle Guardie Municipali a San Pietro Vernotico (BR), imparò fin da piccolo a suonare la chitarra e la fisarmonica ed ereditò una grande passione per la musica, componendo la sua prima canzone a 15 anni. Insoddisfatto della vita di paese, a 19 anni scappò di casa e andò a Torino, la città più a nord d’Italia. Oggi è ritornato nella sua Polignano…in bella vista…in una posa plastica a ricordare il suo cavallo di battaglia: “Volare”. Il 31 maggio 2009 è stata inaugurata, sul lungomare a lui dedicato, la statua di bronzo alta 3 metri circa, ideata e realizzata dallo scultore argentino contemporaneo, Hermann Mejer nato a Mendoza (Argentina). L’artista ha ideato la statua rivolta verso il mare con le braccia aperte, sicuramente influenzato dalla famosa canzone “Volare”. E’ interessante che la popolazione orgogliosa e affezionata al proprio “compaesano” ha voluto che l’abbraccio del grande Mimmo fosse rivolto per sempre al suo paese d’origine. 

 

Il signor Andrea di Polignano a Mare aveva deciso di sposarsi a sedici anni. Intanto leggendo un libro realizzò che il matrimonio sarebbe stato la tomba dell’amore. Per una serie di vicissitudini non ha mai contratto matrimonio. Oggi all’età di ottantotto anni continua a regalare sorrisi sostenendo che l’amore è far bene… è gioia. Ricorda che mentre Domenico Modugno muoveva i primi passi nel mondo della canzone italiana, lui ed altri amici si divertivano a ballare. Intervista..

A questo punto un momento di relax sotto il caldo sole di Polignano a Mare mirando verso nuovi orizzonti.

Andare in #Puglia e non gustare le #orecchiette… è come andare a New York e non vedere la statua della libertà. Le orecchiette al pomodoro e cacioricotta sono un primo piatto tipico della cucina pugliese, buono come sanno essere i piatti semplici e genuini della tradizione italiana. 

Di questa terra di Puglia…
Conserverò i colori del mare e
Il bianco delle case.
I colori della pietra di Trani che
variano dal bianco, 
al bianco sporco,
all’avorio ,
al rossastro e
per finire al grigiastro pallido.
Conserverò il profumo dei fiori che
ovunque sono messi in bella vista.
Ricorderò i muri a secco che
delimitano ogni fondo e
l’ordine e
la cura.
Ricorderò i fichidindia e
il sapore della tipicità.
Ricorderò la pulizia dei luoghi.
Ricorderò il sole,
le tranquille passeggiate,
l’avventura nelle viscere della terra e
finanche la fiducia di una zebra.
Di Voi, gente di Puglia…
Ricorderò la gentilezza e
l’accoglienza.
Ricorderò i sorrisi di Voi tutti.
Grazie #Puglia 

Con la stima di sempre.

Angelo Risi

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