Secondo l’enciclopedia Treccani :
dialètto s. m. [dal lat. tardo dialectos, femm., gr. διάλεκτος «lingua», der. di διαλέγομαι «parlare, conversare»]. – Sistema linguistico di ambito geografico o culturale limitato, che non ha raggiunto o che ha perduto autonomia e prestigio di fronte a un altro sistema divenuto dominante e riconosciuto come ufficiale, col quale tuttavia, e con altri sistemi circostanti, forma un gruppo di idiomi molto affini per avere origine da una stessa lingua madre: i d. d’Italia derivati dal latino; i d. italiani e la lingua nazionale (analogam., i d. francesi, spagnoli, tedeschi); il d. veneto, romagnolo, calabrese (ma anche al plur., per indicare le diverse varietà di una stessa regione: i d. liguri, lombardi, siciliani; o aggruppamenti più ampî: i d. dell’Italia centromeridionale); il d. di Bergamo, di Catania, di Avellino; parlare, scrivere in d., e parlare, capire un d.; letteratura, poesia, commedie in d.; chi ha smesso di usare il d. è uno che ha rinunciato a un grado di intimità col proprio mondo e ha stabilito distanze (Erri De Luca). Con riferimento alla Grecia antica, si definiscono dialetti le principali varietà di lingua ellenica (attico, dorico, ionico, eolico) precedenti all’affermazione del tipo attico come lingua comune. D. italici, denominazione impropria delle lingue dell’Italia antica, parlate prima dell’affermazione del latino.
Dopo questa premessa diventa quasi superfluo esprimere considerazioni in merito all’uso del “dialetto” nel linguaggio quotidiano…vi evidenzio appena la considerazione di Erri De Luca :
“ i dialetti dell’Italia centromeridionale); il dialetto di Bergamo, di Catania, di Avellino; parlare, scrivere in dialetto, e parlare, capire un dialetto; letteratura, poesia, commedie in dialetto; chi ha smesso di usare il dialetto è uno che ha rinunciato a un grado di intimità col proprio mondo e ha stabilito distanze”.
Condivido appieno il suddetto “pensiero”…ed è proprio in virtù di una “vicinanza” al mio “mondo” e alle mie “radici” che spesso scrivo e parlo il “mio dialetto”…incomprensibile per tanti…ma questo si sa …i vocaboli usati cambiano da luogo a luogo…molte volte nello stesso ambito territoriale.
Ho deciso di scrivervi leggendo un link in facebook che recita:
“Parlare il dialetto non è maleducazione…ma “arte”.
Il dialetto fa parte della nostra cultura e va salvaguardato.
Il dialetto è amore per le nostre origini”.
Il messaggio è chiaro e condivisibile.
Mi piace evidenziarvi un mio link in facebook datato nove settembre duemilaquattordici: “ acqua ca nun camina feti (acqua che non scorre puzza)”, scritto per gioco…ma che ha raccolto numerosi commenti. In esso vengono citati detti, proverbi e modi di dire cilentani…che consiglio di leggere…chissà che non vi sovviene alla mente qualche “espressione” sentita almeno una volta durante la vostra vita…soprattutto a voi che per lavoro avete lasciato la vostra terra per emigrare altrove.
“Acqua ca nun camina feti”…quanta saggezza in poche parole. Il camminare…il viaggiare diventa necessario per la conoscenza…per l’arricchimento culturale …per la sopravvivenza…per ritrovare se stessi. L’acqua che ristagna “puzza”, quella che cammina “rigenera” vita…arriva al mare…evapora…diventa pioggia.
Non mi dilungo per non tediarvi…vorrei, per quanto sopra detto, che il dialetto sopravvivesse ai tempi “moderni”…venisse “trasmesso”alle nuove generazioni ( questo sarà possibile solo parlandolo e scrivendolo). Siamo il “Parco Nazionale del Cilento,Vallo di Diano e degli Alburni”…siamo “Patrimonio dell’umanità”…Dobbiamo “camminare”…conservando le nostre “origini” …u sangu nun addà divintà acqua (il sangue non deve diventare acqua).
Vi abbraccio con la stima di sempre!
Angelo Risi